Quando si giocava anche a Pasqua…

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Il calcio, come è naturale che sia, subisce cambiamenti che vanno di pari passo al periodo storico in cui si trova, da coinvolgimenti politici a influenze economiche a volte anche clamorose.
La svolta più epocale degli ultimi 30 anni l’ha portata l’entrata in scena delle Pay-TV che, pian piano, hanno guadagnato (molto facilmente) sempre più potere decisionale, tanto da riuscire a influenzare gli orari delle partite in base alla potenziale affluenza del pubblico allo stadio e, soprattutto, alla richiesta da parte di Paesi disposti a pagare fior di milioni (o miliardi) per i diritti televisivi. Tutto ciò ha creato un sistema calcistico in cui le partite vengono giocate quasi ogni giorno anche nei festivi che tutti ritengono sacri, portando anche alla giusta insurrezione dei tifosi che fanno del “No al Calcio Moderno” il loro slogan principale, rimpiangendo soprattutto i bei vecchi tempi.

Cinquantanni fa la situazione era completamente diversa: niente amichevoli di lusso con le cinesi, niente turni infrasettimanali, niente anticipi il venerdì e niente posticipi il martedì, insomma, niente di niente. Forse..
In un calcio totalmente diverso, dove tutti andavano allo stadio ed in qualunque struttura ci si trovasse era sempre una festa, si giocava anche nei festivi compresa la domenica di Pasqua, roba che oggi creerebbe non poche polemiche e tensioni. Una delle partite più controverse si giocò la domenica di Pasqua del 1970 (il 29 marzo) al Della Vittoria tra Bari e Verona, partita diretta dall’arbitro milanese Renzo Torelli.

Rifacendosi ai libri storici della storia biancorossa non solo si scopre che, anche in quella circostanza, il Della Vittoria ospitasse non pochi tifosi biancorossi ma, soprattutto, che su quella partita ci sarà sempre un alone di mistero che probabilmente non verrà mai chiarito.

In passato era diverso non solo il modo di giocare e di vivere il calcio ma anche il modo di arbitrare e, soprattutto, l’influenza, dentro e fuori dal campo, nelle mani del direttore di gara. A quei tempi la figura arbitrale era ancora vista come una figura “suprema” e inattaccabile, valori giusti che però potevano rivelarsi un’arma a doppio taglio dato che la mentalità di allora portava spesso i direttori di gara a comportamenti spesso poco corretti o, come diremmo a Bari, “strafottenti“.

Accadde, così, che il clima gioioso e di festa tipico di una domenica pasquale diventasse irrequieto e quasi ostile, tutto per colpa del direttore Torelli di Milano che, a quanto pare, ne combinava di tutti i colori.
Nonostante la direzione discutibile, i biancorossi riuscirono comunque a strappare un pareggio ad un Verona che, anche in casa, era una bestia nera. Ci fu, però, molta incredulità quando il Giudice Sportivo assegnò gli ospiti la vittoria a tavolino per 0-2 e ben tre giornate di squalifica del Della Vittoria.
L’arbitraggio, infatti, portò ad un tentativo di invasione dei tifosi baresi placata solamente dall’intervento dei giocatori e, soprattutto, del presidente De Palo, sempre in prima linea per tutto ciò che riguardasse la propria squadra. Torelli refertò il tutto e, probabilmente, esagerando portò il Giudice Sportivo Alberto Barbé, noto per la sua precisione e pignolosità, a prendere quella decisione che sembrava incredibilmente insensata.

Questa situazione inaspettata provocò non poco clamore: la carta stampata locale insorse con titoli anche abbastanza diretti, il presidente De Palo si mostrò molto amareggiato “un provvedimento che colpisce una squadra ed una città impegnate generosamente per conservare il posto in Serie A” ed i tifosi si riunirono in piazza in una protesta pacifica dove, nella marmaglia, si fece spazio quel cartellone “Torelli sei un topo” che poi sarebbe diventato tanto famoso.